Appunti per esame di Relazioni Internazionali con il prof. Colombo. Basati sul manuale di relazioni internazionali edito da Il Mulino, AAVV.
Relazioni Internazionali
di Alice Lavinia Oppizzi
Appunti per esame di Relazioni Internazionali con il prof. Colombo. Basati sul
manuale di relazioni internazionali edito da Il Mulino, AAVV.
Università: Università degli Studi di Milano
Facoltà: Scienze Politiche
Corso: Scienze Internazionali e Diplomatiche
Esame: Relazioni Internazionali
Docente: Prof. Colombo1. Introduzione alle relazioni internazionali
Le relazioni politiche internazionali hanno continuamente a che fare con la pace e con la guerra. Il contesto
internazionale è instabile anche se il numero di guerre e la loro intensità sono inferiori rispetto al ‘900;
motivi:
1- non possiamo nutrire aspettative sul futuro siamo abituati all’incertezza, non siamo in grado di stabilire
quali saranno le future grandi potenze (non è come nel sistema bipolare)
2- non c’è una vicenda politica fondamentale; la guerra globale al terrore viene considerata come alternativa
alla guerra fredda, ma non è una vicenda unificante, difficile stabilire una gerarchia d’importanza
3- non sappiamo quali saranno gli allineamenti internazionali (incognita India)
4- contesto storico lacerato da una crescente crisi della legittimità; crisi costituzionale (tensione tra
uguaglianza formale degli stati e odierna discriminazione a favore della democrazia) -> diritti umani
(tensione tra invocazione ai diritti umani e critica alla loro universalità) .
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Relazioni Internazionali 2. Criteri distintivi tra sistema politico interno e sistema politico
internazionale
a) principio organizzativo della politica internazionale: i sistemi politici interni sono ordinati in quanto
esistono governi che li sostengono , mentre il sistema internazionale non ha un governo -> è un sistema
politico anarchico. Due accezioni del termine anarchia -> contesto sociale privo di governo disordine ->
quando si parla di anarchia del sistema politico internazionale si intende che non c’è un governo. Nessuno
detiene il monopolio legittimo della forza. Non c’è un garante del possesso della proprietà. Non c’è
un’agenzia garante delle promesse a lungo termine.
Quattro conseguenze di tale anarchia:
Condanna all’autodifesa: i soggetti sono obbligati a trovare da sé le risorse (tutti si armano) e non solo per
raggiungere un obiettivo politico; paura. Autodifesa non significa soltanto proteggere ciò che già si ha e non
significa nemmeno autarchia, poiché possono essere instaurate alleanze.
Incertezza continua: sulle intenzioni altrui, manca un garante esterno. L’ambiente anarchico crea diffidenza
e percezioni errate.
Rischio competizione: le percezioni sbagliate rischiano di innescare una competizione. Dilemma della
sicurezza: meccanismo che nasce quando un soggetto che ne teme un altro reagisce in anticipo e si attrezza
di conseguenza. L’altro soggetto reagisce a sua volta allo stesso modo confermando così le sue intenzioni
aggressive (corsa agli armamenti guerra fredda, corsa al nucleare India vs Pakistan) .
Ostacoli alla cooperazione: il contesto anarchico rende la cooperazione più difficile a causa del rischio/paura
dell’inganno e del problema dei vantaggi relativi (ovvero dei propri vantaggi a confronto con quelli altrui) .
b) forma di competizione: i contesti politici si distinguono in base a come è organizzata la competizione; la
forma di competizione del sistema internazionale non è la guerra, essa non è onnipresente. Essa è data dalla
possibilità della guerra, questa è onnipresente. Altre forme di competizione: risorse economiche,
capacità/potere di persuasione, capacità di diventare poli ideologici/culturali.
Funzioni della guerra (non solo distruttive ma anche funzioni sociali) -> soluzione a violazione dei diritti
propri/altrui in mancanza di un elemento comune che se ne incarichi; funzione conservativa, di autodifesa;
mezzo per ottenere cambiamenti incrementali, cambiamento dei diritti; cambiare qualcosa di un
ordinamento presente, ma anche trasformare il sistema internazionale in toto (guerre napoleoniche,
mondiali, guerra fredda… la posizione in gioco era il dominio del sistema, potere di dettare il contenuto
politico, economico, culturale.
c) attori fondamentali: i soggetti principali delle relazioni internazionali sono gli stati, ma non sono gli
unici. Essi sono i più rilevanti; la storia del ‘900 ha visto il trionfo dello stato e la politica internazionale era
diventata sinonimo di politica interstatale. Corsa allo stato: tutti i popoli cercano indipendenza attraverso la
statualità. Le organizzazioni internazionali sono nate dal volere dei maggiori stati e questo le limita. Gli stati
restano i soli titolari del diritto di fare la pace/guerra.
Il modo comune di rappresentare le relazioni internazionali si basa sulla politica interstatale e sul fatto che
essa abbia una dimensione universale, ubiqua. Ma equiparare l’internazionale al globale è un errore. La
centralità dello stato e la sua globalità sono fenomeni recenti. I pilastri delle relazioni internazionali sono
fragili e si possono anche rompere. Il modello Westfaliano (pace di Westfalia, 1648) dà inizio al periodo di
centralità degli stati, gli stati non sono disposti a riconoscere un superiore politico, sovranità degli stati. Si
tratta però di un modello eccezionale, non eterno. Caratteristiche di tale sistema eccezionale:
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Relazioni Internazionali Anarchia: non esiste un soggetto riconosciuto da tutti come superiore e titolare ultimo della legittimità.
Esistono tre modelli tipici di convivenza -> impero: un soggetto titolare del potere da cui tutti gli altri
soggetti dipendono per affermare la propria legittimità, principio organizzativo gerarchico; sistema
feudatario: pluralismo di unità politiche che almeno formalmente riconoscono di dipendere da un’autorità
comune; state system (modello westfaliano) : pluralistico, unità politiche auto fondatesi che non
riconoscono un superiore politico -> questo sistema è una colossale eccezione storica.
Eguaglianza funzionale/formale degli stati: gli stati svogono le proprie prerogative, esercitano la sovranità,
si riconoscono formalmente come uguali; questa non è la norma poiché di solito i soggetti non si somigliano
per nulla. Negli altri modelli di convivenza internazionale di solito non c’è riconoscimento tra stati dei
propri diritti: se ne reclamano sempre maggiori e non ci sono rapporti alla pari.
Modo in cui è organizzato lo spazio: spazi omogenei; i territori degli stati sono a cesure lineari, segnati da
confini. I cittadini sono sottoposti a più giurisdizioni. Il confine segna la fine di una giurisdizione e l’inizio
di un’altra con gli stessi diritti -> confine come proiezione di uguaglianza, idea di reciprocità.
Conseguenza della nozione di confine: distinzione tra politica nazionale e internazionale.
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Relazioni Internazionali 3. Globalità
Un’altra caratteristica del sistema che è eccezionale, ma che non ha a che vedere con il sistema Westfaliano
è la GLOBALITA’ ->
GLOBALITA’ = prodotto storico reversibile formatosi in 3 fasi:
1) Preistoria della globalità: fino al ‘500 il globo era un insieme di sistemi internazionali preglobali che
avevano ciascuno i propri attori diversi dagli altri, le proprie gerarchie di poteri/principi organizzativi, le
proprie regole per disciplinare i propri soggetti e quelli esterni. L’Europa al suo interno non era un sistema
internazionale, c’erano pochi rapporti trascurabili. Con la pace di Westfalia c’è la svolta decisiva: la guerra
dei 30 anni fonde i sistemi europei in un unico sistema.
2) Espansione della globalizzazione: il conflitto delle civiltà avviene sullo sfondo di questa vicenda. La
globalizzazione come espansione del sistema europeo sul resto del mondo. Tra ‘500 e ‘900 progressiva
globalizzazione delle relazioni internazionali -> eurocentrismo: paesi inglobati nelle dinamiche europee;
Giappone e Cina no, competitori troppo forti che ammettevano l’Europa solo alle loro condizioni. Anche
l’India resiste fino al ‘700. Quando l’impero ottomano cede, ‘600, inizia il sistema delle capitolazioni: la
Cina resiste fino all’800 poi tutti gli ordinamenti internazionali vengono subordinati e inglobati.
3) 1850 - guerre mondiali: fase decisiva che vede la fine della globalizzazione eurocentrica -> tutti gli altri
sistemi sono stati inglobati, le relazioni internazionali sono eurocentriche. Ammessi a questo sistema (diritto
di partecipare alle conferenze) alcuni stati subordinati come l’Impero Ottomano oppure con il rango di
grande potenza come Giappone e Russia. Lo smottamento dell’eurocentrismo avviene con le due guerre
mondiali. Con le guerre mondiali si ha uno dei culmini della globalizzazione, si hanno guerre Mondiali in
quanto il sistema è già diventato globale, il sistema internazionale è uno, come vediamo il fulcro delle guerre
è l’Europa; da metà 900 a fine secolo troviamo una fase una globalizzazione ormai compiuta, il sistema
internazionale è compiutamente globale (guerra fredda è tipicamente globale) ,la novità di questa epoca è il
superamento dell’eurocentrismo, ora l’Europa non è più il centro di irradiazioni seppur rimanendo teatro
degli scontri.
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Relazioni Internazionali 4. LE RELAZIONI INTERNAZIONALI COME DISCIPLINA
Disciplina contemporanea che nasce nell’ambito delle scienze sociali, 1919. Essa presuppone un orizzonte
moderno; Waltz nella “teoria delle relazioni internazionali” definisce la politica internazionale come politica
internazionale moderna.
La scuola britannica parla del rapporto Europa-Mondo, problema della determinatezza storica del mondo
moderno.
Carl Schmitt invece sottolinea che l’esperienza moderna è geograficamente determinata ed emerge
l’eccezionalità.
La teoria contemporanea delle relazioni internazionali è di matrice americana e ciò comporta delle
conseguenze:
i quesiti sono posti dall’opinione pubblica americana
due ricerche fondamentali del ‘900 sono state praticamente rimosse: la fine della centralità europea e come
aspetto speculare ad essa la rivolta contro l’Occidente. La destrutturazione dei rapporti Europa-Mondo è
stata marginalizzata.
C’è una vera e propria distorsione prospettica dovuta al fatto che gli Usa sono diversi da tutti gli altri stati ed
il loro punto di vista è eccezionale (eccezionalismo) :
sono eccezionalmente forti
sono “invulnerabili”: gli altri paesi (Gb a parte) hanno sempre convissuto con il terrore della loro
vulnerabilità, mentre gli Usa hanno sempre combattuto guerre lontano da casa.
I principali approcci alle relazioni internazionali.
4 domande fondamentali per caratterizzare ciascun approccio:
1) A quale esperienza storica rispondono?
2) Qual è il problema posto al centro?
3) Qual è la soluzione proposta?
4) Quale immagine del tempo viene suggerita?
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Relazioni Internazionali 5. IDEALISMO
1) L’idealismo nasce da un trauma storico: la prima guerra mondiale, che vede il crollo del sistema
Westfaliano. La guerra era vista come prassi, come un normale strumento di politica estera -> queste
convinzioni crollano dinnanzi alla distruzione, alla catastrofe, all’intensità del conflitto, al fatto che la
situazione sia sfuggita dal controllo degli stati stessi lasciando spazio alla violenza. Emerge dunque l’idea
che la storia della politica internazionale debba compiere un salto.
2) Il problema posto al centro è dunque una riflessione su come evitare la prossima guerra. Un esito come
quello della Grande Guerra non doveva più essere accettabile, era insostenibile. Un ordinamento che avesse
accettato una simile ipotesi non si poteva nemmeno considerare un ordinamento.
3) Soluzione proposta: vengono individuate 4 strade che diventano progressivamente il linguaggio
dell’amministrazione americana:
a) La causa della guerra è la politica. Le relazioni politiche si nutrono del conflitto e ne creano sempre di
nuovi; l’idealismo quindi si prefissa di cambiare questo concetto di ottenimento del risultato con la guerra
quando le situazioni possono essere risolte diplomaticamente, ciò si ottiene con la crescita del commercio, la
rete globale di consumo; Per diminuire la belligeranza è necessario aumentare le relazioni economiche che
creano interdipendenza ed interessi a non entrare in conflitto.
b) La radice della guerra non è la politica in quanto tale (in politica interna i conflitti non sfociano in guerra)
, bensì il modo in cui NON è organizzata la politica internazionale -> anarchia del sistema internazionale ->
bisogna produrre un governo mondiale, un solo ordine dotato di legittimità, un grado di garantire la pace. La
stessa soluzione del Leviatano di Hobbes, ma su scala mondiale: un governo mondiale, strada verso le
organizzazioni internazionali che abbozzano un governo mondiale o quantomeno lo invocano.
c) Gli stati non riescono a concepire la propria sicurezza se non in termini egoistici -> disastroso gioco a
somma zero, in cui ciò che uno guadagna viene perso da qualcun altro. Bisogna invece elaborare un nuovo
modello di sicurezza collettiva (l’aggressione a uno equivale ad un’aggressione a tutti, la sicurezza di uno fa
parte della sicurezza collettiva) .
4) Nozione del tempo: concezione progressiva della storia; la politica internazionale si può cambiare.
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Relazioni Internazionali 6. REALISMO
1) Lo scoppio della seconda guerra mondiale e della guerra fredda immediatamente dopo fanno da sfondo
alla nascita di quest’approccio. Questi due elementi, infatti, mettono a nudo le debolezze dell’approccio
idealista dichiarate utopie: l’idealismo non mantiene le promesse (fallimento delle organizzazioni
internazionali e delle politiche estere) . La debellicizzazione delle relazioni internazionali è improbabile.
2) Il problema si sposta da come mantenere la pace/eliminare la guerra a come vincere/non perdere la
guerra che tanto è e resta un male inestirpabile. Come evitare invece le guerre non necessarie, quelle che
costituiscono uno spreco economico.
3) Soluzioni: il vincolo tra le relazioni economiche e quelle politiche è ribaltato: sono le relazioni politiche
quelle più importanti. La sicurezza collettiva non funziona; funziona soltanto controi deboli e non contro i
forti. Riconoscere che la guerra è uno strumento ineliminabile ma estremo e che pertanto prima di arrivarvi
si possono usare minacce, dissuasione. Ciò che conta è la distribuzione del potere, non le caratteristiche
interne di uno stato.
4) Nozione del tempo: fiducia assoluta nell’immobilità della politica internazionale. Rimane la stessa cosa
perché è dominata dalle stesse cose. Mentre nel discorso idealista vi è la possibilità del salto, in quello
realista no, cambiano i nomi ma nella sostanza la politica internazionale rimane il regno della ricorrenza e
della ripetizione.
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Relazioni Internazionali 7. TEORIE NEO-MARXISTE / RADICALI
1) Trauma storico: anni ’60-’70 decolonizzazione, rottura dominio coloniale, nascita nuovi stati. disincanto
legato a quest’evento -> la decolonizzazione non era sufficiente -> la rottura dei rapporti formali tra centro e
periferia non era sufficiente ad interrompere la dipendenza, che andava oltre il livello informale perché vi
erano ancora rapporti economici e sociali.
2) Come spezzare tale dipendenza, meccanismo infernale. Rispazializzazione delle relazioni internazionali,
rotazione dell’asse bellico da est-ovest a nord-sud. L’approccio neo-marxista/radicale sembra riprendere
l’enfasi degli idealisti sui rapporti economici, la struttura concreta delle relazioni internazionali è economica.
Ma per gli idealisti i rapporti economici sono la soluzione alla guerra, mentre per i neo-marxisti è la
dipendenza economica il nocciolo del conflitto.
3) Soluzioni: rivoluzione interna-internazionale. Sganciarsi dal meccanismo-strategia di sostituzione delle
importazioni, per uscire dal meccanismo di riproduzione della disuguaglianza. Sganciarsi dal sistema
capitalistico mondiale cercando uno sviluppo autocefalo da punto di vista politico economico sociale.
4) Nozione del tempo: a cavallo tra quella realista e idealista. Anche i radicali neomarxisti considerano
come gli idealisti la discontinuità, non credono che la politica internazionale sia sempre la stessa cosa, hanno
una prospettiva rivoluzionaria sul futuro; tutto il loro approccio sul futuro si fonda sull’opzione
rivoluzionaria. Gli apposti dal punto di vista scientifico sono: una complicazione dello spazio politico
internazionale, questo approccio è la fine della egemonia europea, subentra il conflitto nord-sud, il rapporto
centro-periferie, il rapporto centro periferie e semiperiferie. Reintroduzione del punto di vista del lungo
periodo, bisogna andare oltre l’unico blocco del ‘900, per la comprensione del 900 bisogna immergerlo
nuovamente in una corrente storica più lunga. le teorie marxiste e radicali sottolineano l’esistenza di un
rapporto continuo tra conflitti interni e internazionali, un concetto elaborato dalla teoria della “dependencia”
che si occupa delle ragioni delle dipendenza dell’America Latina dagli Usa, tale teoria va a guardare non
solo la struttura dei rapporti internazionali ma anche il loro interno, significa che il conflitto contro la
borghesia comprador è un conflitto interno ma con resoconti a livello internazionale.
Oggi queste teorie sono abbastanza scomparse. In quanto non rispondevano alle domande sulle relazioni
esistenti ma ne creavano di nuovi, la disciplina ormai consolidata ha rigettato l’insediarsi di tutti questi
nuovi problemi, ci sono anche 2 ragioni storiche : il successo delle tigri asiatiche ovvero i paesi che vengono
da condizioni di sottosviluppo che sperimentano una crescita straordinaria avendo adottato una tecnica del
tutto opposta alla teorie di sganciamento (teoria dell’inserimento) ; la seconda ragione è la fine dell’unione
sovietica, la sconfitta politica di una vicenda storica nella quale si collocavano questi studiosi e questi
approcci.
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Relazioni Internazionali 8. ISTITUZIONALISMO LIBERALE
1) Anni ’70. Trauma storico: non c’è un vero e proprio choc, ma piuttosto la preoccupazione crescente che
esso arrivi. A partire dalla seconda metà degli anni 60 si diffonde l’idea che almeno tra i paesi più forti
dell’Occidente (triangolo economico dell’epoca, Europa Usa Giappone) non ci siano più relazioni di tipo
politico militare, bensì si siano diffuse ormai le relazioni economiche. Comincia ad apparire impossibile uno
scontro armato tra paesi europei o tra Usa e Giappone, si diffonde l’idea che le relazioni internazionali siano
entrate in una fase del tutto nuova. L’interdipendenza economica si fa sempre più fitta (antenato della
globalizzazione) ed i problemi sorgono da questa dimensione -> choc petrolifero. Si assiste ad un crescente
declino Usa: fine di Bretton-Woods, sconfitta in Vietnam, Watergate, rivoluzione islamica in Iran, ripresa
Urss.
2) Problema: Nell’eventualità del declino Usa, che cosa accadrà all’interdipendenza economica? Essa è stata
un prodotto degli Usa, loro sono stai gli inventori del sistema. Accade ciò che dicono i realisti? Il
ribaltamento dell’interdipendenza economica? Gli istituzionalisti liberali si chiedono ciò.
3) Soluzioni: per gli istituzionalisti liberali la soluzione è nelle istituzioni prodotte dagli Usa -> esse possono
sopravvivere al declino Usa, esse sono ormai consolidate e possono vivere anche senza il demiurgo
egemone. Interesse centrato sulle istituzioni, ci si scosta dall’anarchia, le istituzioni diminuiscono
l’incertezza in quanto all’interno di una istituzione ci si conosce tutti sempre di più, si dubita un po’di meno.
Le istituzioni una volta consolidate diminuiscono la propensione all’inganno in quanto all’interno di
un’istituzione i costi delle figure di merda sono molto più alti; se sgarro pago.
4) Nozione del tempo: l’immagine del tempo suggerita dai neoliberali non è cosi accentuata come
nell’idealismo, essi pensano ad una maturazione progressiva, rifiuto del’idea realista della politica
internazionale come regno della ricorrenza; essa può cambiare e sta cambiando. I neoliberali collocano la
discontinuità più rilevante degli ultimi decenni non tanto nella nascita del bipolarismo (realisti) ma è la
nascita di istituzioni anni ‘40 ‘50.
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